Un atto sacro e intimo

MasterPiece ingrand.

Alcuni giorni fa, seguendo distrattamente la tivù, ho sentito che era in programma la trasmissione Masterpiece, un “talent show” che avrebbe avuto ad oggetto la scrittura, ed ho provato immediatamente due impressioni:

  • ‘Interessante! Chissà se, sapendolo prima, avrei potuto provare a partecipare…’
  • ‘Mmm… chissà che roba verrà fuori! Probabilmente, per come sono io, non farebbe per me.’

Poi, più freddamente, ho pensato:

  • ‘In teoria, un “talent show” televisivo sulla scrittura non è una cattiva idea, anzi! Dipende, però, da come è fatto. Spero di riuscire a vederlo.’

Poi, ho dimenticato tutto.

Domenica scorsa, per caso, mi sono imbattuta in Masterpiece. Era la prima puntata. Era già cominciata. L’ho guardata fino alla fine.

Alcuni dati sulla trasmissione per chi non ne sa nulla:

  • L’emittente è Rai3.
  • Ci sono tre giudici che, di fatto, sono anche i conduttori. Si tratta di: Andrea De Carlo, Giancarlo De CataldoTaiye Selasi (in ordine alfabetico per cognome).
  • C’è un coach. Si tratta di Massimo Coppola.
  • Ci sono gli ospiti, che collaborano con la giuria.
  • Ci sono i concorrenti. Si tratta di persone “comuni” che hanno scritto un romanzo.
  • Ci sono le prove. Si tratta di prove di lettura, di scrittura, di autopromozione, eccetera.
  • Ci sarà un vincitore. Questi sarà selezionato in base alla qualità del romanzo con cui concorre, alla sua capacità di scrivere, alla sua personalità e al suo modo di porsi (vedere intervista a Giancarlo De Cataldo di cui trovate il video qui sotto).
  • Ci sarà un premio. Il vincitore vedrà pubblicato il proprio romanzo da Bompiani in coedizione con Rai Eri e in collaborazione con il Corriere della Sera, con una tiratura di 100.000 copie.
  • C’è una filosofia. “Il programma, nato dalla passione per la letteratura e dalla voglia di coniugare cultura e intrattenimento, ha l’obiettivo di scovare nuovi talenti in campo letterario.” (così trovate scritto sul sito Masterpiece alla pagina Programma). “Il fattore letterario è decisamente importante e prevalente rispetto al fattore spettacolo.” (così dichiara Giancarlo De Cataldo nell’intervista di cui trovate il video qui sotto).

Ecco come Andrea De Carlo e Giancarlo De Cataldo, intervistati, descrivono il programma.

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Durante la prima puntata alcuni concorrenti hanno sostenuto una serie di prove dopodiché la giuria, coadiuvata dall’ospite Elisabetta Sgarbi (direttore editoriale di Bompiani), ha selezionato il primo finalista, Lilith Di Rosa.

Finita la trasmissione sono rimasta sgomenta. Ho pensato, pensato, pensato. E ancora penso. (Non che non abbia altre cose a cui pensare! Non fraintendetemi!)

Nella trasmissione ho trovato, di buono, più di una cosa:

  • Si portano all’attenzione del grande pubblico televisivo la scrittura e “nuovi scrittori” sconosciuti ai più.
  • I concorrenti sono persone “comuni”, le più diverse.
  • Il vincitore vedrà pubblicato il proprio romanzo da una grande casa editrice e con una notevole tiratura.
  • C’è la spettacolare salita, in ascensore, fino in cima alla Mole Antonelliana di Torino.
  • Ci sono gli scorci meravigliosi di Torino.
  • C’è l’utilizzo dello studio Rai di Torino.
  • C’è l’intenzione di non essere pesanti e noiosi bensì accattivanti e piacevoli.
  • C’è l’interessante sigla di chiusura con i consigli ai “nuovi scrittori”, riguardanti soprattutto gli errori da evitare.

Questi che ho elencato sono i primi aspetti positivi che mi vengono in mente ma sono certa che, con più calma e tempo, ne potrei trovare anche altri.

Ma, il modo in cui il tutto è concepito e realizzato è… tremendo! Provo a spiegare, soprattutto a me stessa, cosa mi ha dato fastidio:

  • Il ritmo sincopato e la velocità che caratterizzano tutta la trasmissione, inadatti al contenuto.
  • I toni da Masterchef assunti da Andrea De Carlo.
  • I giudizi generalmente troppo brevi e/o lacunosi e/o superficiali espressi dai giudici.
  • L’apporto poco significativo del coatch (stando a quanto ho potuto vedere).
  • Le modalità adottate per la competizione, inadatte al contenuto.
  • La prova di scrittura svolta in soli 30 minuti, necessariamente su tastiera, sotto gli occhi di tutti, con proiezione simultanea su mega schermo di quanto il candidato va scrivendo (Neanche durante un compito in classe, un esame di maturità, un esame di Stato, un concorso… si viene messi in quelle condizioni. Brrr… io non potrei!).
  • Il vasto ed importante argomento degli errori da evitare compresso in un velocissimo susseguirsi di interventi relegati nella sigla finale.
  • Il fatto che la scrittura e, più in generale, la cultura, non “arrivano” allo spettatore; “arrivano” invece i personalismi, gli egocentrismi, gli spettacolarismi e così via.
  • Mancanza di originalità e personalità della trasmissione rispetto ai tanti “talent show” già trasmessi in televisione.

Questi che ho elencato sono i primi aspetti negativi che mi vengono in mente ma, anche in questo caso, sono certa che, con più calma e tempo, ne potrei trovare anche altri.

Quello che ho visto nella prima puntata mi sembra la fotocopia di un altro “talent show” televisivo qualunque dove la disciplina specifica (canto, danza, cucina o altro) è stata sostituita con la disciplina della scrittura. Come se la scrittura fosse intercambiabile con canto, danza, cucina, o altro… Queste discipline sono tutte espressioni della creatività, sono tutte forme di arte, ma sono estremamente differenti e, perciò, vanno trattate in modo differente.

Nel post (da cui questo articolo prende spunto) riferito a Masterpiece, pubblicato ieri su facebook dalla scrittrice Luisa Mazzocchi, è scritto: “L’atto sacro e intimo della scrittura che diventa un fenomeno da baraccone. Non c’è più limite all’indecenza culturale.”

L’atto della scrittura, di questa scrittura, è un atto sacro e, generalmente, estremamente intimo. In Masterpiece l’atto della scrittura è stato trattato, è innegabile, come fenomeno da baraccone.

Trovo tremendo che i tre scrittori (i giudici) si prestino a questo. Tra l’altro Giancarlo De Cataldo oltre a partecipare come giudice, è anche ideatore o coideatore della trasmissione. Mi piace pensare che io non conosco tutti i retroscena, che i tre scrittori abbiano i loro buoni motivi e che stiano agendo in buona fede.

Poteva, il “talent show” televisivo sulla scrittura essere realizzato in maniera diversa?

Secondo me sì.

Il pensiero va alle trasmissioni televisive che ho visto in cui si parla o si è parlato di libri, di scrittura, di scrittori, eccetera.

L’unica, fra le trasmissioni che ricordo, che includeva la competizione, è:

Le altre trasmissioni che ricordo sono:

Tutte queste trasmissioni sono molto diverse da Masterpiece; sia dal Masterpiece che è stato mandato in onda che dal Masterpiece che era stato promesso (pare che una trasmissione come Masterpiece non sia ancora mai stata realizzata in nessuna altra televisione del mondo).

Nonostante la grande diversità, però, queste trasmissioni possono essere prese ad esempio per i toni delicati e rispettosi, per il livello di approfondimento, per la lievità e l’ironia, per la capacità di veicolare atmosfere e contenuti, per la grande capacità divulgativa, per la piacevolezza e la freschezza del risultato finale…

Si potrebbe “prendere” il buono di queste e altre trasmissioni televisive, pur mantenendo elementi di differenziazione anche notevole, persino nel realizzare una trasmissione molto diversa quale vuole essere Masterpiece.

Questa di Masterpiece mi sembra, stando alla prima puntata, una grande opportunità sprecata.

Mi sembra che gli ideatori/realizzatori della trasmissione si siano piegati ai soliti “cliché” televisivi dominanti, quando invece doveva essere la televisione, in quanto strumento, a piegarsi alle buone e nuove idee delle persone.

È ovvio che, se si rincorrono unicamente lo share (indice di ascolto) e il business (affare), non c’è da meravigliarsi se le opportunità di attuare buone e nuove idee vadano sprecate.

Seguirò anche le puntate successive di Masterpiece (se mi ricorderò e se mi avanzerà tempo, dato che guardo pochissimo la televisione e a volte mi dimentico che esiste). Voglio vedere gli sviluppi. Chissà se i fautori della trasmissione, cammin facendo, correggerano il tiro.

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Nota.

Nell’elenco delle trasmissioni televisive prese ad esempio, il riferimento a “Le invasioni barbariche” è stato inserito solo in data 23 novembre 2013. Nel leggere i commenti all’articolo antecedenti a tale data va tenuto conto di questo.

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Foto da: http://www.masterpiece.rai.it/dl/portali/site/page/Page-461957fc-5f28-4ee2-a0aa-1da517c79b78.html.

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Tutti i diritti su testo e immagini sono riservati.

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21 pensieri su “Un atto sacro e intimo

  1. Riporto un commento riferito all’articolo.

    “Vero, un’opportunità sprecata per fare cultura e invogliare la gente a leggere libri. Meglio lo stile Augias e Marcorè, decisamente.”
    [Luisa Mazzocchi, 19 novembre 2013, Marche, post su facebook]

    • Condivido. Vi sono attualmente tante opportunità sprecate per fare vera cultura. Preferisco altri spazi. Ermes Rigon 21 novembre 2013 Emilia Romagna

  2. Riporto un commento riferito all’articolo.

    “Ho visto il programma e sono completamente d’accordo con chi ha scritto l’articolo. Non ha nessun senso “promuovere ” il personaggio più al di sopra delle righe.”
    [Tiziana Grilli, 19 novembre 2013, Marche, post su facebook]

  3. L’ho visto anche io Valeria….come te ero curiosa di vedere come la scrittura poteva diventare oggetto di un talent show !!!! Concordo con tutte le tue sensazioni e io non avrei saputo descriverle meglio. Trovo allucinante che tutta la popolazione televisiva debba seguire un momento creativo intimo e personale. Si sta davvero strumentalizzando tutto…ma proprio tutto!!!!

  4. Sono perfettamente d’accordo! Anche io avevo pensato che fosse una buona cosa un talent per scrittori, ma ho visto alcuni frammenti e proprio non ci siamo!!

  5. Riporto un commento riferito all’articolo.

    “Sono d’accordissimo con quanto scritto! Soprattutto quando Valeria (che non conosco, ma seguirò volentieri!) parla di “egocentrismi, personalismi, ecc…” insomma, alla fine, conta più il personaggio e non il valore dello scrivere in sé. È ciò che rende il reality inconciliabile con l’atto dello scrivere, secondo me. Grazie Luisa Mazzocchi per avermi segnalato questo interessantissimo articolo che condivido pienamente!”
    [Luisa Ferretti, 19 novembre 2013, Marche, post su facebook]

  6. Riporto un commento riferito all’articolo.

    “Ciao Valeria,
    ho molto apprezzato la tua analisi, pacata, approfondita, umanamente e socialmente utile: un intervento che aiuta il telespettatore, ed il lettore, ad aprire il cervello su quanto passa in TV. […]
    Complimenti. Avanti anche così!”
    [A.R., 21 novembre 2013, Veneto, e-mail]

  7. Carissima Valeria,
    mi impressiona ogni volta come tu riesci a descrivere una cosa con – da una parte – emotività (non so, se si dice cosi) e dall’altra parte con una distanzia e una analitica molto chiara!
    Quando ho letto el articolo mi he venuto come una nausea dentro… e divido l’opinione de Luisa Mazzocchi: “L’atto sacro e intimo della scrittura che diventa un fenomeno da baraccone. Non c’è più limite all’indecenza culturale.”
    Grazie per quest’altra ora de caffè con te! Già mi mancava… 😉
    un saluto da Sevilla!

  8. Riporto un commento riferito all’articolo.

    “Hai perfettamente ragione!!!!
    È la morte della scrittura, da come racconti.
    Forse l’intenzione è buona, ma la letteratura non puo’ essere svenduta cosi, come merce da baraccone.
    D’altronde ci sono infatti migliaia di schifezze nelle librerie (tra cui i best sellers), ma non per questo sono dei capolavori…
    Salutone!”
    [R.B., 21 novembre 2013, Lazio, e-mail]

  9. ciao Vale, ho letto la tua critica e mi ha molto colpito.Ho intravisto ieri di fuggita uno stralcio della trasmissione a casa di mio padre che la guardava…ho avvertito un senso di disagio e una “spiacevolezza” di fondo ma non avrei mai saputo dettagliare il tutto come hai fatto magistralmente tu. Hai sicuramente una vena a fare il critico d’arte. Ma come si fa a fare il critico d’arte? Non puoi provare a scrivere degli articoli sui giornali? Sarebbero anche d’aiuto ad esprimere quello che molti sentono ma non sanno come dirlo. A me il tuo articolo è piaciuto molto. a presto..si spera!

    • Ahi ahi, Vale DF! Questo commento ti pone ad un bivio: si sa, o sei un bravo critico, o sei un bravo artista… 😉

    • Cara Vale, sono molto contenta del tuo apprezzamento.
      Non mi dispiacerebbe affatto fare il critico d’arte… o giù di lì.
      E mi piacerebbe farlo con lo spirito che tu hai suggerito: “esprimere quello che molti sentono ma non sanno come dirlo”.
      E anche con lo spirito di contribuire a far sviluppare nelle persone il senso critico.
      Sarebbe bello farlo come lavoro.
      Chissà che da cosa non nasca cosa…

      • Caro Claudio…
        No! Il bivio no! È una decisione troppo difficile!
        Ma… fortunatamente (e sfortunatamente) nessuno mi sta facendo pressione affinché prenda una decisione immediata.
        😉

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