“La scala bianca” nuova edizione

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L’antefatto

(potete saltare “L’antefatto” e leggere direttamente “Il fatto”)

La scorsa estate Pietro mi ha dato in mano un ritaglio di giornale e, con il suo fare caratteristico, mi ha detto: “Datti da fare!”

Era un ritaglio del quotidiano “Il Messaggero” su cui era pubblicizzato il concorso letterario “Donne che fanno testo”. Potevano concorrere solo donne, sia debuttanti che scrittrici. Capitanava la commissione giudicante Dacia Maraini.

Venivo da un lungo periodo difficile e doloroso e, per quella ragione, da tanto tempo non scrivevo più. Inoltre, prima di allora, non mi ero mai interessata ai concorsi.

Comunque ho letto il regolamento: il tema lasciava ampio margine di scelta per i contenuti, il racconto non doveva superare le 10.000 battute (battuta = ogni carattere presente in una cartella dattiloscritta compresi punteggiatura e spazi) e, ahimè, la scadenza per l’invio era molto vicina.

Un particolare molto interessante era che il racconto, dopo l’invio, se ammesso a concorso, sarebbe stato pubblicato su internet, visibile da tutti.

Non avevo un racconto pronto adatto allo scopo, così ho deciso di provare a scriverne uno apposta. Che mi mettevo in quell’impresa, però, non l’ho detto quasi a nessuno.

Ho portato abiti, cibo, ventilatore e pc portatile su “Due tappi”, la barca a vela dei miei genitori, e mi ci sono stabilita.

Lavoravo sotto coperta, in costume da bagno. Faceva un caldo feroce e il sudore colava copiosamente lungo il mio corpo, nonostante il ventilatore. Ogni tanto salivo sul pontile dove facevo docce veloci per evitare il collasso poi, il tempo di asciugarmi, tornavo in cabina a lavorare. Sentivo le voci di amici e conoscenti che andavano e venivano sul pontile e la voce di Alberto, vicino di barca, che sapeva del concorso, che cercava di distoglierli dal venire a trovarmi, affinché non venissi distratta e non perdessi tempo prezioso. Qualche volta sono uscita dal porto e ho ancorato in baia. Lì potevo lavorare in pozzetto, all’ombra di un rettangolo di stoffa bianca, allietata da un venticello appena percettibile, in piena solitudine e totale silenzio. Ogni tanto mi immergevo in mare per abbassare la temperatura corporea poi, il tempo di asciugarmi, mi rimettevo in pozzetto a lavorare.

Avevo difficoltà a concentrarmi, a farmi venire idee buone, a fare fluire parole che raccontassero bene qualcosa di interessante e adatto al tema del concorso. E pensare che tutto quello che avevo scritto prima lo avevo fatto seguendo l’ispirazione del momento, letteralmente trascinata da un impulso irrefrenabile. Ora, invece, ero come arrugginita. Ho confidato quelle difficoltà ad Alberto, a Pietro, a Guido e ai pochi altri che sapevano e tutti si sono prodigati con idee, consigli e incoraggamenti.

L’argomento che alla fine ho scelto e i fatti al centro del racconto non si prestavano ad una narrazione semplice e scorrevole. Mentre scrivevo mi rendevo conto che si stava profilando un testo impegnativo e, a tratti, faticoso per il lettore. Ma non potevo semplificare o sintetizzare più di tanto perché, se lo avessi fatto, non sarei riuscita a trasmettere ciò che intendevo trasmettere.

Quando finalmente ho scritto un racconto completo, ho dovuto fare un difficile e faticoso lavoro di cesello per riuscire a rientrare nel limite delle 10.000 battute imposto dal regolamento. In questa fase i consigli di Claudio e Raffaella sono stati preziosi. Purtroppo, se da una parte quel lavoro di cesello ha rappresentato un esercizio di sintesi utile per me, dall’altra ha condizionato lo stile e la qualità del testo.

Anche il tempo a disposizione limitato ha pesato sul risultato. Alla fine sentivo che, se avessi avuto più tempo, avrei potuto fare di meglio.

Comunque un bel giorno, a ridosso della scadenza, ho dichiarato conclusi i lavori e, con un click, ho spedito via internet il racconto. Si trattava di “La scala bianca” (prima edizione – luglio 2012).

Ero felice perché avevo di nuovo scritto qualcosa! E anche perché quel qualcosa era stato pubblicato su internet visibile da tutti! Nello stesso tempo, però, non ero pienamente soddisfatta di quanto avevo scritto.

Le mie perplessità sono state confermate da chi, poi, lo ha letto e mi ha donato il suo giudizio. Infatti, oltre ai tanti commenti positivi, mi è stato detto, ad esempio, che c’erano delle parti difficili e faticose da leggere (soprattutto l’inizio della seconda parte) e che la terza parte parte era troppo sintetica e scivolava via troppo di corsa.

Da quell’esperienza ho tratto le seguenti convinzioni: 1) se c’è alternativa, non bisogna scrivere un testo appositamente per un concorso; 2) se si decide di partecipare ad un concorso è meglio, se possibile, concorrere con qualcosa che già si è scritto.

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Il fatto

(se avete saltato “L’antefatto” e siete pentiti potete tornare indietro a leggerlo)

Per molto tempo mi ha frullato nella testa l’idea di rimettere le mani sul racconto “La scala bianca”.

Volevo migliorarlo togliendo quei difetti che erano frutto soprattutto, secondo me, della ruggine che avevo al momento in cui l’ho scritto e dei paletti imposti dal regolamento del concorso per cui lo scrissi (limite massimo di 10.000 battute e scadenza temporale per l’invio molto vicina).

Finalmente, a circa un anno di distanza da quando l’ho scritto, sempre al mare (anche se non su una barca a vela), mi sono messa al lavoro e ho realizzato il mio desiderio. È nato così “La scala bianca” (seconda edizione – agosto 2013).

Pur avendo fatto poche e piccole modifiche, mi sembra che il racconto, nella versione nuova, scorra bene e si comprenda con immediatezza.

Per l’argomento che tratta e i fatti che racconta, “La scala bianca”, per quanto semplificato e migliorato, rimane un racconto impegnativo. Ma non avrei potuto semplificarlo di più perché, se lo avessi fatto, non sarei riuscita a comunicare ciò che intendevo comunicare.

Ma non sono io la persona più oggettiva per dire se c’è stato o non c’è stato il miglioramento e se si poteva o non si poteva fare di più.

È migliorato? Non è migliorato? Si può fare di meglio? Non si può fare di meglio? Si potrebbe indire un concorso dal tema: Riscrivere meglio “La scala bianca”. E che vinca il migliore! Ah ah ah…

Scherzi a parte, vi invito a leggere il racconto nella sua veste nuova e, se vi va, scrivermi un vostro commento!

Per leggere il racconto: cliccate su “La scala bianca”.

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Buona lettura a tutti!

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7 pensieri su ““La scala bianca” nuova edizione

  1. Riporto un commento riferito all’articolo.

    “Ho letto “La scala bianca”, devo dire che l’ho divorato… è il genere di racconto che piace a me. Si descrive molto bene lo stato psicologico dei personaggi… sembra di averli di fronte. A volte ci si sente come la protagonista. Coinvolgente.”
    [V.V., 23 agosto 2013, Marche, e-mail]

  2. Riporto un commento riferito all’articolo.

    “Brava, Valeria, hai trasmesso un messaggio davvero importante, e l’hai fatto scrivendo in uno stile diretto e incisivo. Sono i dettagli, la minuziosa descrizione di ogni istante del soggetto che danno al racconto grinta e credibilità. Spero di aver espresso in italiano quello che ho voluto dire. Ti abbraccio con affetto.”

    [D.O., 26 agosto 2013, Albania, e-mail]

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